lunedì 28 marzo 2016

MANU LARCENET E LA PEGGIORE DELLE CONDANNE: ESSERE L'UNICO INNOCENTE FRA I COLPEVOLI

IL RAPPORTO DI BRODECKL
E' un sentimento che i sopravvissuti alla SHOAH anno spesso patito: l'angoscia di essere innocenti tra i colpevoli, sopravvissuti condannati per sempre a vivere in mezzo ai loro carnefici o ai loro taciti complici. Un dramma che viene ricostruito anche nel film IL LABIRINTO DEL SILENZIO, di GIUGLIO RICCIARELLI, dove la GERMANIA degli anni sessanta prende coscienza dell'orrore di AUSCHWITZ e la ritrosia dei sopravvissuti al lager a raccontare e denunciare.

Anche ne IL RAPPORTO DI BRODECK, l'ultimo libro del più grande autore francese vivente, MANU LARCERNET, c'è un reduce da un campo di concentramento. I personaggi hanno nomi tedeschi, quindi possiamo dedurre di essere in GERMANIA. Ma l'angoscia esce presto dalla dimensione storica per proiettarsi in quella letteraria: BRODECK è l'unico del villaggio a non aver partecipato a un orribile delitto che ha coinvolto invece tutti gli altri del paese, in un sabba di
 violenza improvvisa e immotivata.

Proprio in quanto innocente, BRODECK deve stendere il rapporto su quanto avvenuto da mandare alle autorità. Per spiegare, ricostruire e- obiettivo cosi ovvio da non aver bisogno di essere esplicitato- anche giustificare. Mentre la colpa può essere condivisa, annacquata, dimenticata, l'innocenza è individuale, vistosa. E talvolta sembra che l'unico modo per sopportarla sia rinunciarvi.

La vittima è "l'altro", come il titolo del romanzo di PHILIPPE CLAUDEL (caso editoriale in FRANCIA nel2007). E' un altro che nel FUMETTO ha una sua specificità, innocuo e diverso. Ma che riassume qualunque alterità che innesco ottusità e violenza, lasciando che a comandare sia la "pancia della gente", come dicono i giornalisti con una formula assolutoria.

Il FUMETTO di LARCENET si dispiega in grandi tavole orizzontali- a volte mute a volte dense di testo- dove si alternano volti che paiono scavati nel legno,  crudeli nella loro assenza di emozioni, con scorci di una natura di indifferente bellezza.

Dopo aver prodotto un  capolavoro in quattro volumi- BLAST, storia in quattro volumi di un DROPOUT e analisi  sulla fallacia della percezione di sé che ci costruiamo- LARCERNET scrive e disegna un romanzo ancora più denso e disturbante. Ormai ha rinunciato a quello stile umoristico che applicava a temi assai poco divertenti, per contrasto. Non è più adatto a raccontare la crudeltà dell'uomo che a LARCERNET sembra essere cosi evidente. E che però offre un materiale narrativo pressoché infinito.

domenica 27 marzo 2016

MISSIONI IMPOSSIBILI E VIAGGI NEL TEMPO NELLA PROVINCIA AMERICANA PIU' PROFONDA

PATIENCE
I FUMETTI di DANIEL CLOWES hanno alcuni elementi ben riconoscibili: una provincia americana senza storia, alla RAYMOND CARVER, giovani donne non particolarmente belle, di solito frustrate ma sessualmente vivaci, uomini pieni di problemi. E qualche strana pistola a raggi o, comunque, un elemento fantascientifico.

PATIENCE, il suo primo libro in oltre un decennio, appena pubblicato, in una sontuosa edizione cartonata da BAO, non fa eccezione. Ma la coerenza- sia pure allucinata- non significa ripetitività. PATIENCE è il suo FUMETTO più complesso nella struttura: YACK BARLOW non ha un vero lavoro, distribuisce volantini in strada ma alla giovane moglie PATIENCE, incinta del primo figlio, racconta di un tranquillo posto da impiegato. Una sera torna a casa e la trova uccisa. Da allora l'unica ragione di vita sarà scoprire cosa è successo, trovare il fero colpevole.

Con il sogno- impossibile di poter cambiare le cose. All'improvviso PATIENCE devia verso il racconto di fantascienza, quando YACK, ormai invecchiato in un futuro lontano (2029), scopre un modo per tornare indietro nel tempo.

Da RITORNO AL FUTURO in poi sappiamo come funziona: cambiare gli eventi può incasinare la linea temporale, far collassare il multiverso e spesso ottenere risultati completamente diversi da quelli desiderati. E YACK BARLOW le cose le incasina parecchio, perché non riesce affatto a restare osservatore imparziale ma- come forse era un po' più prevedibile- finisce per diventare un elemento di quel passato che voleva cambiare.

DANIEL CLOWES, che continua a essere classificato come un autore underground anche se ora è un affermato disegnatore cinquantenne, ha un tratto che dimestifica tutto: anche le più contorte vicissitudini spazio- temporali vengono avvolte dalla immobile, ma tesa- atmosfera di un fast food della provincia americana.

Il passato di PATIENCE, moglie di YACK, è la solita storia di studentesse mancate che finiscono a fare le cameriere, fidanzati sbagliati, gravidanze precoci e ambizioni frustrate. La forza di CLOWES  è rendere banale lo straordinario e aprire nella mediocrità squarci psichedelici, follie di colori o di allucinazioni che rendono i suoi FUMETTI cosi riconoscibili.

Il patto con il lettore è chiaro: la parte da prendere sul serio non è quella dei viaggi nel tempo, ma la vita vera, il desiderio di cambiarla, correggendo gli errori del passato. Invecchiando, CLOWES tende a concedere qualcosa di più al lieto fine che in passato.



domenica 20 marzo 2016

MISTERI ITALIANI, IL GRANDE VECCHIO ESISTE E HA LE ZANNE: E' IL VAMPIRO PIETRO BATTAGLIA

BATTAGLIA- INTEGRALE
Per paura di disturbare qualche sensibilità e di schierarsi in una scena culturale paralizzata, per tutto il dopo guerra i FUMETTO popolare ha evitato di occuparsi della storia italiana recente. Tutti i grandi personaggi da edicola, da cominciare da quello della SERGIO BONELLI EDITORE, tendono essere americani, o eroi fuori dal tempo, politicamente neutri.

Nel 1994, ROBERTO RECCHIONIO e MASSIMIGLIANO BLEONARDO (LEOMACS) si infilano in questo spazio vuoto e creano il personaggio PIETRO BATTAGLIA. Un soldato nelle trincee della GRANDE GUERRA che viene colpito a morte (il campione è quello della GUERRA di PIERO di FABRIZIO DE ANDRE', con tanto di fidanzata che si chiama NINETTA) ma non si rassegna all'oblio.

La morte, la nera signora con la falce, gli offre una carezzevole ultima notte d'amore, ma PIETRO BATTAGLIA si ribella e violenta la morte che, per vendetta, lo condanna alla sete eterna dei vampiri.

RECCHIONI che oggi è curatore di DYLAN DOG collana della BONELLI (molto amato e molto odiato come accade a chi ha successo), affida poi il personaggio anche ad altri autori che lo inseriscono nelle zone oscure della storia italiana. Per spiegare le quali abbiamo dovuto spesso ricorrere a qualche "grande vecchio".

E tra servizi segreti deviati, logge massoniche coperte, mafiosi alleati dello STATO, non è poi cosi incredibile trovare anche un vampiro che vende i suoi servizi da sicario.
Vediamo cosi PIETRO BATTAGLIA a fianco di GALEAZZO CIANO, nel profondo delle foibe, sul volo di USTICA, nel covo di ALDO MORO, e naturalmente nella NAPOLI di GOMORRA.

I disegni di LEOMACS sono spettacolari, sia nell'episodio inaugurale che nella storia VOTA ANTONIO, modellata su PER UN PUGNO DI DOLLARI o in un breve racconto sulla morte di GIUGLIO ANDREOTTI, altri autori sono più imperfetti ma gradevoli (il migliore è VALTER VENTURI).

A leggere il volume pubblicato da COSMO che raccoglie in oltre settecento pagine tutte le avventure di PIETRO BATTAGLIA resta però l'impressione di un personaggio il cui potenziale non è stato sfruttato appieno. L'intuizione brillante di usare un antieroe violento nei "misteri italiani" finisce troppo spesso per lasciare  spazio a scene a ciclo continuo, con smembramenti, cervelli esplosi, mutilazioni e duelli tra mostri, uguali a quelli che si trovano in tanti altri fumetti.

PIETRO BATTAGLIA meriterebbe di essere sviluppato meglio, con un po' meno sangue e un po' più idee e cura nei dialoghi. Speriamo ce ne sia l'occasione.

sabato 19 marzo 2016

RASSEGNAMOCI: FRANK MILLER SARA' ANCHE UN GENIO, MA E' PROPRIO DI DESTRA

ROBOOCOP- L'ULTIMA DIFESA
Penso che sarà un grande momento per essere un fumettista. non può essere un buffone maggiore di DONALD TRUMP. Il fatto che pensi di diventare presidente degli Stati Uniti è uno dei migliori scherzi che abbia letto da molto tempo. Almeno spero.

Sono trent'anni che FRANK MILLER riesce a coltivare una certa ambiguità con frasi come questa. O quest'altra:  "Chiunque pensi che BATMAN fosse un fascista dovrebbe studiare la sua politica. Il cavaliere oscuro se non altro sarebbe un libertario. I fascisti dicono alla gente come vivere. BATMAN dice solo ai criminali di fermarsi".

Poi ci sono opere come SACRO TERRORE, un super eroe contro i terroristi islamici, che gli sono state perdonate come un eccesso di risposta artistica ai traumi dell'undici settembre. Ma questo fumettista geniale che ha inventato uno stile grafico con SIN CITY e trasportato un personaggio un po' insulso come DEVIL  nella modernità, è d''avvero profondamente di destra.

Può scherzare su TRUMP, ma se si vuole capire L'AMERICA che tifa per il miliardario populista
bisogna proprio leggere i FUMETTI di MILLER. E' utile in questo senso, un volume appena pubblicato da MAGIC PRESS che ripropone una serie di storie scritte da MILLER di ROBOCOP, il poliziotto cyborg protagonista di un mitico film di PAUL VERHOEVEN del1987(e di un già dimenticato remake del 2014).

La logica del personaggio è semplice: di un poliziotto resta solo il cervello (l'anima?), il resto è una macchina per uccidere che colpisce con implacabile esattezza soltanto i cattivi, facendo esplodere cervella, intestini, mutilando, sempre con l'assoluta consapevolezza di essere nel giusto. E i bersagli sono quelli classici da FUMETTO anni ottanta, l'epoca in cui risalgono le storie: malavitosi, speculatori immobiliari che vogliono sfruttare famiglie indifese (gente un po' come TRUMP, insomma).

ROBOCOP ammazza e giustizia senza sosta, tranne quando deve ricaricare le batterie. C'è tutta una sicumera degli STATI UNITI reaganiana, che amava essere rassicurati anche nell'intrattenimento sulla solidità della contrapposizione da guerra fredda tra Mondo Libero e i dittatori rossi.

Però c'è anche una dose di preveggenza. ROBOCOP oggi esiste, sono i droni che combattono le guerre moderne, cervello umano, precisione meccanica, nessuno scrupolo etico.

FRANK MILLER è un po' il MEL GIBSON dei FUMETTI: può infastidire, ma è un'utile guida nella parte più disturbante dello spirito americano.

domenica 13 marzo 2016

LADRO DI LIBRI E DI CONTENUTI: COSA NON SI FA PER I CIRCOLI LETTERARI DELLA RIVE GAUCHE

IL LADRO DI LIBRI
Non c'è niente di più' romantico del LADRO DI LIBRI: Quello di cultura: quello di cultura è l'unico furto che ispira simpatia (in tutto tranne che nei libri ovviamente).

IL LADRO DI LIBRI non è però cosi banale da celebrare un apologo della fame della cultura. Anzi ALESSANDRO TOTA e PIERRE VAN HOVE, uno ai testi l'altro ai disegni (ma è stato un lavoro di squadra, hanno spiegato), vogliono evitare ogni strada narrativa facile.

DANIEL BRODIN ruba libri, fisicamente e saccheggia il contenuto. Recitando una poesia non sua, nella PARIGI degli anni cinquanta, diventa un'effimera celebrità culturale, osannato dai salotti culturali pieni di intellettuali troppo presuntuosi per riconoscere i propri limiti. E la propria ignoranza. IL LADRO DI LIBRI non viene subito smascherato, la sua parabola lo spinge abbastanza in alto da far sentire la caduta.

Ma DANIEL BRODIN sembra felice di avere fallito, di non riuscire a pubblicare su LES TEMPS MODERNS di JAN PAUL SARTRE, di abbracciare fino in fondo la retorica dei suoi amici sul rifiuto dei percorsi convenzionali, l'amore e la mera sopravvivenza sono quanto basta.

La PARIGI della RIVE GAUCHE e del quartiere latino ha il suo fascino un po' sporco e decadente, che odora in egual misura di letteratura e vino a buon mercato, tra cenacoli letterari e dopo- sbronza agli angoli delle strade di SAINT GERMAIN. In tutto il libro IL LADRO DI LIBRI non legge mai, non discute davvero di letteratura, eppure si convince di essere prima poeta, poi romanziere, sempre attore, con l'incoscienza di pensare che la direzione della sua vita sia solo questione di volontà. Non di talento, duro lavoro o fortuna

Il tratto di PIERRE VAN HOVE- con la collaborazione di TOTA nel design generale- evoca quello di maestri come TARDI, ma è più essenziale. Quasi nervoso (o meglio il tratto è controllato, ma evoca tensioni nel lettore).

Per scelta esplicita dei suoi autori IL LADRO DI LIBRI sfugge al genere biografico, oggi dominante nei graphic novel di ambientazione storica. Anche se di DANIEL BRODIN ce ne saranno stati a migliaia, tra i vincitori nel Quartiere Latino, partecipi dell'atmosfera di quegli anni di caffè, marxismo e poesia, o al massimo attori non protagonisti. Come il "LADRO DI LIBRI".

sabato 12 marzo 2016

NON SARA' UN APP A DARTI LA FELICITA', MA TI PUO' PROCURARE DECINE DI RAGAZZE.

LOVE ADDICT
Non ci sono gli elementi per parlare di una "scuola israeliana" del FUMETTO, ma alcuni dei graphic novel più freschi e meno scontati che si leggono in questo periodo sono di autori cresciuti in ISRAELE che poi passano (o si trasferiscono) negli STATI UNITI. Come KOREN SHADMI, che sta facendo molto parlare di sé in rete perché l'argomento è di quelli che garantiscono pubblico: il sesso nell'era di internet.

K., la stessa iniziale dei protagonisti dei libri di Kafka ma anche dell'autore, è un giovane animatore di cartoon, con il fisico e il sex appeal di WOODY ALLEN. Non sembra  destinato a una carriera di seduttore sociale. Ma quando rompe con la storica fidanzata, il suo più intraprendente coinquilino lo inizia al mondo di LOVEBUG, un social network per organizzare incontri (ce ne sono tanti anche fuori dai FUMETTI, il più famoso è TINDER).

Scopre cosi di poter avere una decina di donne con un clic, un paio di appuntamenti e una sequenza sempre uguale di approccio (il bar nei dintorni del suo appartamento, l'invito di vedere il panorama dal terrazzo, un bacio esplorativo, e cosi via).

Il lettore segue lo stesso percorso emotivo di K.: la curiosità per questo bengodi cosi avvicinabile, l'esaltazione per la facilità della conquista, l'appagamento per il nuovo status di maschio (virtualmente) alfa. Salvo poi iniziare la parabola discendente della perdita di totale ogni erotismo, di ogni gusto per la seduzione: le ragazze si moltiplicano, i loro nomi si confondono, la ricerca di incontri si trasforma in un'abitudine che anestetizza ogni piacere ma induce alla dipendenza.

K. decide di smettere, ma non è cosi facile come iniziare. La tentazione di sfuggire a ogni complicazione che deriva dai veri rapporti umani è irresistibile. Poche cose possono essere più noiose delle scene di sesso, nella letteratura e nei FUMETTI.

Ma KOREN SHADMIN ha una tale leggerezza nel tratto e un'ironia che riescono a evitare la noia (anche perché il libro è corposo, 220 pagine di preliminari e di accoppiamenti). Il tratto si richiama- ci sono rimandi espliciti- a quello di ROBRT CRUMB, autore che ancora viene classificato come underground nonostante la celebrità.

C'è anche una empatia diffusa, nessun giudizio sui personaggi ma solo lo sforzo di comprensione. Perché su internet e fuori, alla fine siamo tutti in lotta contro le stesse solitudini. E le APP non bastano a superarle.

domenica 6 marzo 2016

IL MUSEO DEL LOUVRE VISTO DA UN ARTISTA GIAPPONESE E' TUTTA UN'ALTRA COSA

I GUARDIANI DEL LOUVRE
Chi ha visto il museo del LOUVRE, a PARIGI, deve fare un grande sforzo per riuscire anche a guardare quadri e statue esposte. La mera sopravvivenza assorbe gran parte delle energie del visitatore medio, tra file per i biglietti, risse per un selfie con la Gioconda, lo studio incensante con le mappe per evitare di perdersi senza rimedio.

Il piacere intellettuale, assai poco sofisticato proprio per questo più accessibile, finisce per ridursi al confronto tra l'immagine dell'opera sui nostri libri di liceo e come appare dal vetro. Ci vuole allora uno sguardo esterno, fresco, per superare tutte queste barriere che ci separano dal piacere dell'arte.

Uno sguardo come quello di JRO TANIGUCHI, senza dubbio il più occidentale degli autori manga, assai più popolare in FRANCIA che in patria. I GUARDIANI DEL LOUVRE è un elegante volume cartonato appena pubblicato da RIZZOLI (grande formato, carta pattinata, colori perfetti) che TANIOGUCHI ha concepito come omaggio a quel tempio della cultura occidentale che è il LOUVRE.

C'è un giovane GIAPPONESE alla sua "terza volta" a PARIGI, quindi non si è ancora assuefatto alla stanca bellezza della capitale francese. Decide di prendere tre giorni per visitare il LOUVRE- ma come capita a tutti- viene subito dallo sconforto per il caos dei turisti.

Un visitatore normale si arrenderebbe e inizierebbe a farsi strada, a colpi di gomito e spalle verso i quadri più celebri. Ma TANIGUCHI è un artista e ah il privilegio di potersi elevare in quel limbo che sta tra l'estasi e l'immaginazione ("il luogo in cui si radunano le anime").

Il suo personaggio, tra continui svenimenti e colpi di sonno, si trova quindi a visitare un museo completamente vuoto, guidato da una NIKE di SAMOTRACIA, animata e con entrambe le braccia. Riesce a incontrare PHILIPPE COROT e VINCENT VAN COGH, a compiacersi della loro opera con la stessa ammirata beatitudine che devono aver provato gli intellettuali giapponesi che fecero scoprire quei pittori in oriente: lo scrittore TOKUTOMI ROKA e il pittore ASSAI CHU.

Anche loro appaiono nelle pagine di TANIGUCHI  e lasciano intuire a noi, lettori occidentali assuefatti alla stori dell'arte al liceo, lo stupore che quadri come quelli di VAN GOGH devono aver suscitato nei suoi primi ammiratori giapponesi.

TANIGUCHI spinge anche noi a guardare con i loro occhi curiosi e stupefatti quei capolavori ormai banalizzati dalle continue riproduzioni.

Nella sua lunga carriera, TANIGUCHI ha alternato MANGA action, storie famigliari, drammi storici. Ma quello che gli riesce  meglio sono opere come I GURDIANI DEL LOUVRE, dove i protagonisti fanno pochissimo e parlano ancora meno. E il racconto è costruito per sottrazione di tutto il superfluo.

sabato 5 marzo 2016

L'AMORE CASTO DI TOMOJI NEL GIAPPONE RURALE, JIRO TANIGUCHI IN VERSIONE BUDDISTA

SI CHIAMAVA TOMOJI
La cosa più interessante di SI CHIAMAVA TOMOJI è che senza l'apparato redazionale in coda al volume sarebbe praticamente incomprensibile. E questo è piuttosto strano per un autore come JIRO TANIGUCHI che è sempre stato tra i più universali ed esportabili del MANGA d'autore,  tanto che è diventato una celebrità prima in FRANCIA e solo più tardi nel suo GIAPPONE.

Di TANIGUCHI RICORDIAMO OPERE D'AZIONE, ANCHE VIOLENTE, E ALTRE LEGGIADRE, COME l'uomo che cammina O gourmet. Ma la barriera culturale d'accesso di solito è bassissima. SI CHAMAVA TOMOJI è invece una biografia pensata per il bollettino trimestrale del tempio BUDDISTA frequentato dalla moglie di TAMAGUCHI (e talvolta anche da lui stesso): è il racconto della vita della fondatrice, TOMOJI UCHIDA. Questa ragazza sensibile e attenta cresce nelle campagne NIPONICHE del periodo (1912/1926).

Visto che è brillante nello studio, riesce a emanciparsi dalle mansioni rurali e ascendere nella gerarchia della rispettabilità, diventando una sarta di KIMONO 
: TOMOJI sposa FUMIAKI ITO che poi diventa un leader spirituale che fonda la setta SHINNYO-EN spingendo il buddismo ad aprirsi sempre di più ai laici, oltre la sua mensione monastica.

Tutta questa parte , cioè la nascita di questa nuova pratica religiosa, è però esclusa dal FUMETTO di TANIGUCHI che si concentra sulla nascita dell'amore tra TOMOJI e ITO, una storia "senza picchi emotivi" come dice lo stesso autore, raccontata con lo stile rarefatto del maestro giapponese (e qui si avvale di un supporto nella sceneggiatura, con MIWAKO OGIHARA)

Qualche sguardo, pochi incontri, un senso di predestinazione, una forma di serena rassegnazione all'ineluttabilità del destino. Quanto di più lontano si può immaginare dal classico schema occidentale "lui-si innamora-di-lei-e-alla.fine-la-sposa" TANIGUCHI spiega, in una intervista che chiude il libro, di non essere interessato all'esattezza biografica di ogni dettaglio e neppure troppo alla dimensione spirituale.

SI CHIAMAVA TOMOJI  è soprattutto l'eco di un GIAPPONE lontano che non c'è più e del BUDDISMO evoca un certo senso di riconciliazione con il tutto più che i  dettagli della pratica religiosa. Per quanto diverso dal solito è comunque sempre JRO TANIGUCHI. Non si può non apprezzarlo.