mercoledì 19 febbraio 2014

BUDDISMO E PSICOSI, ANGOSCE DA HIPSTER (di STEFANO FELTRI)

IL NAO DI BROWN
C'è qualcosa di strano nel "NAO DI BROWN" il fumetto si presenta in un'edizione perfetta, come spesso accade con i libri editi da BAO, un elegante cartonato, ottima carta, i disegni di GLYN DILLON sono raffinati nella loro incompletezza (matite su carta, un passaggio da photoshop e acquarelli), il montagtgio narrativo da manuale del FUMETTO, l'impianto leggero e denso al contempo. Eppure il lettore prova un senso crescente di disagio,quasi un fastidio fisico.

Ognuno potrà decidere se questo è un merito o una pecca del "NAO DI BROWN", graphic novel molto premiato e molto tormentato, realizzato da GLYN DILLON che sconta l'essere sempre idicato come "il fratello di" (STEVEN DYLLN è uno dei più famosi disegnatori di FUMETTI di super eroi, soprattutto in coppia con lo scrittore GARTH ENNIS).

La storia : NAO BROWN è per metà Giapponese, soffre di attacchi in cui si immagina a uccidere parenti e amici, scoppi di violenza che si consumano solo nella sua mente ma che la lasciano provata come fossero stati reali("in pochi sanno che sono un fottuto caso psichiatrico"). Rassegnata a una vita senza ambizioni, trova lavoro in un negozio di un amico (innamorato di lei) che vende oggettistica per collezaionisti, si innamora di un riparatore di lavatrici alcolizzato, cerca consolazione in un buddismi occasionale.

Ha ragione MICHELE R. SERRA che su LINUS ha colto la cifra hipster del libro, un'elaborata versione del consumismo che si finge alternativo ed elabora nuovi percorsi, come il collezionismo di gadget legati a personaggi di FUMETTI o cartoni Giapponesi minori, volutamente minoritaria, sotteranea, di riflusso.

Il "NAO DI BROWN" è un racconto claustrofobico di un'umanità rarefatta, solitaria, senza scopo se non la soppravivenza immediata, ripiegata su se stessa e ridotta a celebrare tecnologie e loghi di un passato pop che non ha lasciato ideali o sogni in  eredità.

La scoperta della meditazione è soltanto una moda efimera, una forma di orientalismo innoquo, invece che una presa di coscenza e di elevazione oltre angosce cosi radicate e nichiliste da risultare senza prospettive. Quando si chiude il libro di DILLON si prova ammirazione per il talento dell'autore, ma anche un certo sollievo

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