domenica 15 marzo 2015

SHERLOCK HOLMES ALL'AMERICANA (di STEFANO FELTRI)

MERCURIO LOI

Ci sono pochi autori ITALIANI che raccontano l'ITALIA.O meglio ce ne sono tanti che amano parlare di se stessi e fare FUMETTI sulla propria vita (spesso non ricchissima di eventi significativi), ma sono una ristretta minoranza quelli che attingono all'immaginario e alla storia patria per farne la base delle proprie avventure.

ALESSANDRO BILOTTA è una gradita eccezione. Sul numero 28 della mai abbastanza celebrata collana BONELLI "LE STORIE" (OGNI MESE UN EPISODIO AUTOCONCLUSIVO, CON PERSONAGGI E TEMI SEMPRE DIVERSI) torna in coppia con l'ottimo disegnatore MATTEO MOSCA per raccontare le gesta di MERCURIO LOI.
L'ispirazione è chiara fin da subito: MERCURIO LOI è SHERLCK HOLMES e il giovane TARCISIO che lo assiste è chiaramente WATSOM

Ma per una volta, non si tratta del solito citazionismo boneliano o (fenomeno raro ma non rarissimo) di un mero saccheggio. BILOTTA prende un format collaudato e familiare al lettore e lo trasporta lontano dalle nebbie di LONDRA e BAKER STREET.Perché la cosa interessante di MERCURIO LOI è soprattutto l'ambientazione: una ROMA pre-unitaria, del 1825, nelle cui strade si respira il fermento rivoluzionario dei carbonari.

URBE ma non ancora metropoli contemporanea, ROMA ospita trame, complotti, (ovviamente amori) ma anche fantasmi di una storia che è sempre incombente e oppressiva, nella sedicente città eterna. BILOTTA ci risparmia la solita piatta presentazione dei personaggi tipica di tanti FUMETTI popolari e ci porta subito nell'azione, scopriamo pagina dopo pagina i tic, le fobie e le genialità di LOI (che cita la saggezza popolare romana).

E il mistero dei morti di CASTEL SNT'ANGELO viene svelato- perchè ci deve sempre essere una soluzione a ogni giallo, meglio se razionale- ma il fascino di quella fortezze posta al centro di ROMA, cosi raggiungibili eppure compatta e inespugnabile, resta tutto.

I disegni di MATTEO MOSCA, che già aveva illustrato BILOTTA su le STORIE co "IL LATO OSCURO DELLA LUNA", sono perfetti, ricchi di dettagli nelle sequenze che devono raccontare la città, essenziali, evocativi e dinamici quando invece al centro dell'attenzione ci devono stare i personaggi. Si ride anche ma, come certifica il finale, a ROMA il confine tra città e tragedia è molto sottile.

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