domenica 1 giugno 2014

FORSE ERA MEGLIO SOFFRIRE IN FABBRICA (di STEFANO FELTRI)

FERRIERA
In occasione di una riedizione del suo libro "Vogliamo tutto", NANNI BALESTRINI diceva: "E' TUTTO FINITO". Gli operai non ci sono più, il mito della fabbrica non solo è scomparso ma è diventato incomprensibile anche a quelli stessi che lo avevano costruito.

E' vero ma non del tutto, perché ci sono i figli degli operai, che alla catena di montaggio non ci sono mai stati ma ne hanno assorbito gli aneddoti, lo spirito, le angosce e le sicurezze. "FERRIERA"  è un romanzo grafico di lavoro e fabbrica, l'autrice, PIA VALENTINIS, è figlia di una storia come mille altre, incidenti sul lavoro, colleghi morti, qualche svago domenicale (pochi), passioni mai coltivate (hobby è una parola che gli operai non avrebbero capito).

Una storia operaia che ha lo sfondo grigio e rarefatto del FRIULI, di quell'ITALIA che è sempre ai margini della memoria collettiva, ma anche li, come a TORINO, come a MILANO, c'erano i cortei, gli scioperi, i picchetti, e una vita ripetitiva e usurante, un lavoro che aveva nel contratto anche la morte per silicosi, il tutto nobilitato da una percezione di dignità che non bastava però a compensare il resto.

PIA VALENTINIS è al suo primo romanzo a FUMETTI, nella vita fa l'illustratrice di libri per ragazzi. E si vede, nel bene e nel male: procede più per quadri, per istantanee con didascalie che con una vera narrazione grafica (lo storytelling insegnato da WILL EISNER), la storia avanza per giustapposizione, non c'è un vero sviluppo. Ma nonostante questa non struttura, "FERRIERA" risulta coerente, proprio perché non vuole essere la biografia del padre dell'autrice, ma il tentativo di fissare su carta i ricordi e soprattutto le emozioni proprio per interposta persona che suscitavano i racconti della fabbrica e della mistica classe operaia.

La VALENTINIS racconta per frammenti la vita di suo padre, ma anche il cambiamento di un paese, che perdendo le fabbriche è un po' come se avesse privato di senso a posteriori milioni di vite che a quell'idea concreta di industria e progresso si erano immacolate, non sempre consapevolmente. Non si rimpiange nulla dell'ITALIA raccontata in "FERRIERA" se non un senso forse di illusione, di coerenza, di destino comune.

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