mercoledì 13 novembre 2013

IL GENOCIDIO DI PADRE IN FIGLIO (DI STEFANO FELTRI)

C'è sempre un velo di pudicizia nella penna di chi racconta una grande tragedia, un genocidio. se non prevale l'aspetto divulgativo ma l'esigenza letteraria, il narratore si cautela, mette qualche schermo tra il lettore e l'orrore.

Perché o sei PRIMO LEVI oppure c'è il rischio di non riuscire a rendere la proporzione del disastro, di trasformare migliaia e migliaia di esistenze fermate all'improvviso in statistiche, invece che in storie.

Il Fumetto di LOO HU7I PHANG e MICHAEL STERCKEMAN si confronta co un'ulteriore complicazione: del genocidio (anzi "autogenocidio" come lo chiama qualcuno) perpetrato in CAMBOGIA a metà degli anni 70 in occidente sappiamo poco, chi tirava per i VIETCONG contro gli americani era in imbarazzo ad ammettere che i comunisti del SUD EST ASIATICO potevano essere più metodici nello sterminio che i nazisti DI HITLER.

In quattro anni il regime dei KHMER ha sterminato un terzo della popolazione, fino a 3,3 milioni di persone, secondo le stime più alte

LOO HUI PHANG, sceneggiatrice del volume "CENTOMILA GIORNATE DI PREGHIERA" (COCONIMO FANGANGO), è di origine cambogiana. Come tanti suoi connazionali scopre all'improvviso, dopo decenni di silenzi e vaghezze, che un pezzo della sua famiglia è scomparsa nei campi di sterminio comunisti del regime di POL POT: certi eventi famigliari coperti da un velo di pudore, si trasformano in segreti.

Sepolti sotto anni di silenzio, continuano ad assillare i vivi, a compiere nell'ombra la loro opera di distruzione, scrive nell'introduzione. E cosi con i disegni di MICHAEL STERCKEMAN, la scrittrice racconta come LUIS ragazzino FRANCESE che non sapeva di essere figlio di un cambogiano , scopre il passato della propria famiglia, districandosi in una tela di omissioni, imbarazzi e pudori tipici di chi si sente in colpa per essere sopravvissuto.

A guidarlo nella scoperta  è il sogno (visione? allucinazione?) del suo canarino : muore nella prima pagina, ma LUIS ne custodisce il cadavere in putrefazione che diventa una sorte di totem, il suo disfacimento diventa metafora per la perdita dell'innocenza, per la necessità di sprofondare  nel buio dell'orrore come prezzo per scoprire la verità.

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