venerdì 2 ottobre 2015

SCAPPARE DALLA SOCIET' NON E' POSSIBILE: IL MITO DELLA" VITA NEI BOSCHI" E' UN'ILLUSIONE

I PESCI NON HANNO SENTIMENTI"
E' la stria di un'illusione, molto diffusa, anche se ora solamente come nostalgia di anni settanta mai vissuti. quello che i nostri problemi individuali siano colpa "della società", o del sistema, e che quindi sia insufficiente abbandonare la "società" e il "sistema" per ritrovare se stessi e vivere in un paradiso di pace e concordia.

MICHELE PETRUCCI è un autore che anche nel tratto, rifugge l'eccesso e l'accumulazione, le sue tavole sono disegnate in una alternanza di bianchi e azzurri dove però sono i bianchi a lasciare traccia nell'occhio del lettore. E in questo spazio bianchi RINO cerca un senso: è un grafico, ha studiato da artista ma guadagna uno stipendio ritoccando al computer foto di defunti per le lapidi, un lavoro come un altro (chissà se esistono d'avvero posti come la RIP color).

In un'epoca di passioni deboli e cronica assenza di slanci. RINO oscilla tra la tentazione di trascinarsi da un giorno all'altro, con piccole strategie di sopravvivenza come catalogare le persone secondo i tipi criminali di CESARE LOMBROSO, e il desiderio di fuggire in un altrove che non riesce a immaginare. Il suo amico JOHNATAN è l'alternativo da stereotipo passa da una moda all'altra, stanco di essere solo un freegan (quelli che vivono degli scarti della società dei consumi raccolti nei cassonetti) ha leggiucchiato Henry DAVID THOREAU e la sua "WALDE-VITA NEI BOSCHI" e convince RINO ad andare insieme nella foresta.

Per JOHNATAN è solo una tappa di mille ossessioni effimere, RINO non ha il cinismo dei contestatori di professione e quindi si immerge nell'esperienza convinto  di vivere qualcosa di importante. Il racconto di PETRUCCI, con i suoi personaggi affilati e i corpi bidimensionali, ci guida alla più scontata delle scoperte che però il nostro cervello è in grado di rimuovere ogni volta come la memoria del dolore: gli uomini (e le donno) sono gli stessi, in cima a una palafitta come nelle villette a schiera col giardino, non basta cambiare il fondo per rendere le persone migliori.

Non si può rivelare il finale, che purtroppo non ha molto di sorprendente, ma PETRUCCI lo lasdcia in sospeso quanto basta da costringere il lettore a conservare un po' dell'inquietudine di RINO anche dopo aver chiuso il libro.

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